Tramedipensieri

Lo scritto non arrossisce.

Tag: il tempo

…tutto mio

Igor Karash

Igor Karash

Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c’è richiamo e non c’è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l’accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.

Patrizia Cavalli

Hotel Supramonte

Andrea   Parodi

E se vai all’Hotel Supramonte e guardi il cielo
tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo
e una lettera vera di notte falsa di giorno
e poi scuse accuse e scuse senza ritorno
e ora viaggi vivi ridi e sei perduta
col tuo ordine discreto dentro il cuore
ma dove dov’è il tuo amore
ma dove è finito il tuo amore
Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile
grazie a te ho una barca da scrivere ho un treno da perdere
e un invito all’Hotel Supramonte dove ho visto la neve
sul tuo corpo così dolce di fame così dolce di sete
passerà

anche questa stazione senza far male
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore
…….
perché domani sarà un giorno lungo e senza parole
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole
ma dove dov’è il tuo cuore

ma dove è finito il tuo cuore

La vita presente

534413_10200280397080389_507518649_n
Non sarò il poeta di un mondo caduco.
Non canterò neppure il mondo futuro.
Sono legato alla vita e guardo i miei compagni.
Sono taciturni ma nutrono grandi speranze.
In mezzo a loro, scruto l’enorme realtà.
Il presente è immenso, non allontaniamoci.
Non allontaniamoci troppo, teniamoci per mano.
Il tempo è la mia materia, il tempo presente, gli uomini presenti,
la vita presente.

Carlos Drummond de Andrade

Sono resistente

Sono un sentimentale, se capisci cosa intendo:
amo il paese ma non sopporto la scena.
E non sono di destra né di sinistra
e questa notte rimarrò a casa mia,
a perdermi in quel piccolo schermo senza speranze.
Ma io sono resistente come quei sacchi dell’immondizia
che il Tempo non riesce a deperire…

 

Leonard Cohen

Il popolo del sogno

IL TEMPO DEL SOGNO

In quel bel giorno un raggio di sole illuminò quella pianura infinita. La terra cominciò a tremare, a sussultare, a ingobbirsi e infine ad aprirsi in squarci sparsi qua e là.

Fu da quelle aperture che uscirono Loro. Loro erano le “creature sognanti” i capostipiti di tutti gli uomini e le donne e di tutte le specie animali e vegetali che avrebbero in seguito popolato il mondo.
Molti di essi erano esseri giganteschi, altri avevano dimensioni più ridotte. Avevano caratteristiche umane ma nello stesso tempo similitudini con varie specie animali e vegetali oppure con fenomeni naturali come il vento o il fuoco, simbolo di purificazione e di rinnovamento della Natura.

Da essi nacque, come detto, la vita delle varie specie ma prima di tutto andava forgiata la dimora che avrebbe accolto quelle vite future. Fu dalle diverse azioni che compirono – Tjukuritja nella lingua di Kooky – che si delinearono i contorni di quella immensa dimora: i paesaggi e le molteplici manifestazioni naturali in essi presenti. Mentre vagavano da un territorio all’altro quelle creature ancestrali “crearono” l’ambiente accompagnando ogni loro gesto con dei canti che avrebbero dato ai loro discendenti gli insegnamenti da seguire nei tempi a venire, le regole per vivere fra le meraviglie che essi stavano plasmando per loro.

Essi, quindi, scrissero nel territorio le loro leggi imprimendo in esso gli effetti delle loro azioni: un lago dove avevano scavato per trovare l’acqua, una spaccatura dove qualcuno di loro aveva scagliato una lancia combattendo o cacciando, e così via.

La loro permanenza sulla terra fu costellata da miriadi di avventure che dettero vita a tante leggende, leggende che sono tuttora fatte rivivere dai loro discendenti attraverso i vari rituali e le pitture. Nel loro girovagare quegli esseri mitologici tracciarono quindi dei percorsi cantando il nome di ogni cosa che incontravano, la terra non sarebbe mai stata quella che è adesso senza quei canti! I componenti dei vari clan (gruppi familiari) delle tribù aborigene sono considerati quindi i diretti discendenti di quegli avi. Come tali sono suddivisi a seconda dell’essere totemico a cui appartengono: dall’Antenato Coccodrillo provengono i clan degli “Uomini Coccodrillo”; dall’Antenato Formica provengono i clan degli “Uomini Formica”; dall’Antenato Emu provengono i clan degli “Uomini Emu” e così via… tutti figli di quelle antiche Entità iniziatrici del mondo.

Un giorno la loro opera di creazione terminò; molti tornarono nuovamente nelle viscere della terra da cui erano venuti mentre altri rimasero dov’erano pietrificandosi, lasciando che le molecole che formavano i loro corpi si fondessero con l’ambiente circostante. Secondo alcuni miti ci fu anche chi salì sopra, oltre le nuvole, fino a raggiungere le stelle.

Ogni clan ha la sua leggenda, ogni clan ha il suo ciclo di canti, ogni clan ha il suo proprio sito sacro, cioè il luogo in cui il rispettivo progenitore compì qualcosa di memorabile ed eroico e lasciò le sue “cellule vitali” che generarono i discendenti.

Ogni clan ha dunque il suo Sogno. Un Sogno da celebrare periodicamente attraverso riti ripetuti da millenni.

Ogni pittura aborigena è un sogno della creazione, spiegazione dell’origine della vita, principio generativo del presente.

“Yhi, la dea aborigena del Tempo del Sogno”, di Mary Novak, sciamana”.

Un’orma


Se qui

vicino al mare

con tre ondate la mia orma sulla sabbia il mare cancella

che farà sull’altra spiaggia

dove il mare è il tempo?

Heine – Come un’orma sulla sabbia

La piccola parte

“Scegli il genere di vita conforme al bene e l’abitudine te lo renderà piacevole”, è saggio e utile anche in questa circostanza: “Scegli la città migliore e più piacevole, il tempo ne farà la tua patria” e sarà una patria che non ti distrarrà dalle tue occupazioni, non ti importunerà, non ti darà imposizioni: “Paga le imposte”, “Va ambasciatore a Roma”, “Accogli il governatore”, “Assumi una carica pubblica”!

A questo solo pensiero l’uomo assennato, e a cui non dato di volta il cervello, sceglierà di vivere in esilio perfino su un’isola, a Giaro o a Cinaro, un’isola rocciosa, ribelle alla cultura e alla vegetazione, e non si dispererà, nè si lamenterà, nè pronuncerà le parole che Simonide pone sulle labbra delle donne:

“Il fragore del mare scuro, ribollente, mi serra da ogni parte”.

Ma piuttosto farà il ragionamento di Filippo, quando un giorno cadde in palestra e rialzandosi vide l’impronte lasciata dal suo corpo: “Possenti dei, com’è piccola la parte di terreno che la natura ci ha dato di occupare sulla Terra…e noi invece desideriamo abbracciare l’Universo!”.

Plutarco

Fotografia by MarcelloLecce

Il tempo

Il tempo imbianca la casa
a partire dal mio sopracciglio
sinistro: sbatto le persiane
per guardarmi indifeso;
casa per casa, lo stesso
bussare e far cadere
pezzi vissuti d’intonaco.
M. Landini