Desert Song
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cipher
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fabio concato
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esperanza spalding & bobby mcferrin
La poesia dell’invisibile
Giuseppe Carta nato a Banari da sempre divide la sua esistenza fra la Sardegna e Genova, sua città d’adozione, dove negli anni ottanta ha inizio la su attività espositiva con una serie di mostre personali e collettive. Negli anni novanta il ritorno al suo paese di origine, coronato dal successo di pittore dopo aver provato tante vie, fra cui quella della musica: dieci anni di conservatorio, organista di chiesa, un amore trascinante per gli strumenti. Da allora ha esposto in tutto il mondo, da Parigi a Londra, da Gand a Ginevra, da Basilea a New York, e in Italia.
Con pennelli da miniaturista riproduce le trasparenze robuste del vetro e quelle più leggiadre del cristallo, lo stato lieve dell’aria e il suono fermo della luce.
Lo fa in composizioni sontuose, con bicchieri dispiegati su tavole lussuosamente imbandite, o in inquadrature di natura più rustica, dove i vetri si affastellano all’interno di ruvidi canestri di vimini o nei cassetti profondi di vecchi canterani.
Una semplice natura morta può diventare magia.
Così per Carta, quando giri nella sua casa è inevitabile ammirare la sua collezione di bicchieri antichi, quando volgi lo sguardo su di un’opera, il bicchiere dipinto diventa altro, la luce esalta le ombre e non sai più da che cosa sei attratto. Si crea in chi guarda una illusione ottica e una visione della realtà artificiosa in quanto l’artista rappresenta la propria visione con tale precisione e fedeltà da renderla più vera del vero.
Prisma di vetro
stelle racchiuse
unione di luce
mM
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Non si può pensare a un motivo per andare,
da questo giorno suonerò il blues.
gary moore
Morendo, si va in frantumi: i pezzetti che erano te
incominciano, in gran fretta, a salutarsi l’un l’altro per
sempre,
inavvertiti da tutti. È solo oblio, certo:
ci capitava anche prima, ma allora finiva,
ed era continuamente assorbito in un unico sforzo
teso a far sbocciare il fiore dal milione di petali
dell’essere qua.
Philip Larkin
I racconti di Marisa sono molto belli, quando li leggo mi scappa sempre e sempre il sorriso.
Non manco di leggerli no, no…
Ogni anno, il 14 marzo, si festeggia il Pi Greco Day. Infatti, se scriviamo in cifre la data di questo giorno secondo l’uso anglosassone, e cioè facendo precedere la cifra che indica il giorno da quella che indica il mese, ottieniamo le prime cifre di quel numero magico: 3.14. Che se invece volessimo scrivere tutti i suoi decimali, o meglio tutti i decimali finora conosciuti, non ci basterebbe la carta, a quel che ho capito.
Anche quest’anno le insegnanti di matematica si sono date da fare per celebrare la ricorrenza: valendosi della manodopera schiavile degli studenti, pronti a tutto pur di ottenere a loro volta qualche decimale per arrotondare la valutazione, gli hanno fatto trascrivere in caratteri grandi e colorati pagine e pagine di decimali, coi quali hanno tappezzato i corridoi e la sala insegnanti; hanno fatto stampare fogli e fogli di formule contenenti il diabolico numeretto e infine hanno…
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valentina igoshina