Tramedipensieri

Lo scritto non arrossisce.

Categoria: Curiosità

.merletti di carta

 

Karen Bit Vejle

rivela storie favolose attraverso merletti di carta.

 

le sculture di Karen Bit Vejle

 

La psaligrafia è l’arte di lavorare con le forbici ritagliando fogli di carta bianca per costruire dei racconti attraverso immagini decorative.

Karen, artista danese ha sviluppato al meglio quest’arte di origine cinese del VI sec., molto spesso ispirandosi alle favole di Hans Christian Andersen

 

 

Marjana Malkamäki photography

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La sua attività ha raggiunto i 35 anni.

Con tagli su carta di grande dimensioni realizza un mondo immaginario da favola; ogni gesto è fatto con attenta precisione: un milimetro in più e il lavoro è da gettare.

 

 

 

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La sua prima mostra fu inaugurata al Museo Nazionale delle Arti Decorative a Trondheim, in Norvegia nel 2008 e da allora Karen non si è più fermata.

I suoi lavori hanno impressionato tutta la penisola Scandinava e sono poi arrivati negli Stati Uniti e in Cina riscuotendo un enorme successo.

 

 

“Il mio cuore e la mia anima sono in pace quando ho le forbici in mano e la carta danza tra le lame. Se le mie forbici riescono a farti fermare e chiedermi per un solo istante, sarò felice. ”

 

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Sardis

Sardi era un’antica città dell’Asia Minore (oggi Turchia) che divenne capitale del regno di Lydia, una delle più importanti città del mondo antico e dell’Impero Persiano VII secolo a.C.

Sardi sorgeva alla confluenza dei fiumi  Ermo e Pattolo, dove sono stati ritrovati segni di attività umane risalenti al neolitico.

 

 

Verso la fine del II millennio a.c. una piccola comunità si stabilì ai piedi dell’acropoli.

Una possibile citazione di Sardi appare già nell’Iliade di Omero con il nome di Hyde. Viene citata esplicitamente per la prima volta nella tragedia di Eschilo intitolata i “I Persiani“.

Erodoto riferisce che “in Lidia regnavano gli Eraclidi … discendenti di Eracle e di una schiava di Lardano… che esercitarono il potere per ventidue generazioni, cioè 505 anni, passandoselo di padre in figlio fino al tempo di Candaule“.

Erodoto attribuisce ai re di Sardi l’invenzione della moneta.

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Tempio di Artemide – La Cappella

 

Artemide era la dea principale della città e il tempio a lei dedicato a Sardi era uno dei sette più grandi templi greci (più del doppio delle dimensioni del Partenone); divenne una delle Sette meraviglie del mondo antico.

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Gymnasium-Bathhouse

 

Un grande complesso costruito nel centro della città bassa nel II sec. d.C. era il Gymnasium che comprendeva una palestra e uno stabilimento balneare.

Il complesso era di oltre cinque ettari e la sua parte occidentale era caratterizzata da ampie sale a volta per la balneazione.

La parte orientale era una palestra, un grande cortile per l’esercizio.

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Sinagoga in Sardi – Lybia

 

La sinagoga di Sardi è notevole per le sue dimensioni e posizione; è una delle più grandi sinagoghe antiche scavate e si trova nel centro urbano anzichè in periferia come si costruivano allora.

Ciò attesta la forza e la ricchezza della comunità ebraica nella città.

 

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Chissà sei i Sardi di Sardegna ne sanno qualcosa

 

Storia e Immagini

 

.il cammino di Santa Barbara

Dal mare cristallino di Sant’Antioco alle fitte foreste del Marganai, dalle bianche dune di Piscinas alle spettacolari grotte di Is Zuddas, un itinerario storico, culturale e naturalistico nel Parco geominerario della Sardegna, visitando villaggi fantasma, siti archeologici, miniere recuperate.

 

Miniera di Porto Flavia

 

Tramandare la memoria degli uomini che nei secoli e nei millenni passati hanno realizzato e percorso degli antichi cammini con il piacere di riscoprire a passo lento la bellezza del territorio.

Non solo fede.
Ma anche turismo, seppure alternativo, tra archeologia mineraria, architettura industriale e ambiente.

Questo è quanto offrono i quattrocento chilometri da percorrere a piedi lungo il Sulcis Iglesiente Guspinese, attraverso 24 comuni, se si seguono i sentieri battuti dai minatori “dal neolitico al novecento”.

 

Miniera di Porto Flavia

“Abbiamo impiegato sei anni dall’ideazione all’attuazione del progetto – spiega Giampiero Pinna, ideatore del progetto e presidente della Fondazione“: fil rouge devozionale è il culto di santa Barbara, patrona dei minatori, le cui chiese punteggiano questo splendido itinerario storico e naturalistico. 

 

Miniera di Montemponi

 

L’autore della Guida “Il cammino di Santa Barbara”  (quando e come partire, cosa portare le mappe etc.)  è Giampiero Pinna che nel 2000-2001 ha guidato l’occupazione della miniera di Monteponi. 

Il Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, riconosciuto dall’Unesco ha il riconoscimento del ministero dei Beni culturali ed è inserito nel primo elenco dell’Atlante digitale dei Cammini italiani.


Si avanza attraverso “carrarecce e le mulattiere”, ponti e sentieri, piste e tracciati diversi e si snoda lungo i sentieri battuti dai minatori lungo 8.000 anni di storia, dal Neolitico al Novecento.

 

Miniera di Porto Flavia

 

Un progetto iniziato nel dicembre 2016  quando è stata istituita la Fondazione del Cammino che gestisce e promuove l’itinerario e che da tempo richiama tantissime persone ad intraprendere questo percorso che è divenuto un percorso spirituale-naturalistico.

 

Mappa del percorso dalla Guida “Il camino di Santa Barbara” di G. Pinna

 

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Su primu turnu est toccadu a mie
A dare a sa musa sos valores
In prima parte rendo sos onores
A Santa Bàrbara in solenne die
Oe sa festa chi faghen a tie
Est dignidade de sos minadores
E tue, santa, pro cumpensu aggiudu
Prego de dare a totu su saludu.

Sebastiano Moretti 

 

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Una validissima alternativa al cammino di Santiago di Compostela.

 

Costa di Nebida

Gerda

Gerda Taro Pohorylle è stata una fotografa tedesca.

 

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Gerda Taro by Fred Stein. 1935

 

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Malgrado la tua morte e le tue spoglie,
l’oro antico dei tuoi capelli
il fresco fiore del tuo sorriso al vento
e la grazia quando saltavi,
ridendo della pallottole,
per fissare scene di battaglia,
tutto questo, Gerda, ci rincuora ancora.

Luis Pèrez Infante

 

Gerda e Robert

Francia, Parigi,1935.
Gerta Pohorylle (futura Gerda Taro) e André Friedmann (futuro Robert Capa)
Foto Fred Stein

 

“T’incanti a guardarli, sembrano felici, molto felici. E sono giovani. Belli non potresti dirlo ma neanche negarlo.”
(da “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek)

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Quando Gerda Pohorylle incontra, nel 1935, Endre Friedmann lui è un fotografo capace quanto sconosciuto.
La donna, arguta e intraprendente, ha però un’idea che stravolge le loro vite: lui non è un povero rifugiato ebreo aspirante fotografo ma Robert Capa, un americano ricco e famoso.
Al suo fianco Gerda Taro, la sua manager.
Comincia così una delle storie più romantiche del mondo della fotografia.

Lui è giovane fotografo di 20 anni, scappato per ragioni politiche dall’Ungheria fascista di Horthy, lei una ebrea tedesca di Stoccarda di 24 anni. I due ispirati da un progetto ambizioso si legano profondamente. 

Il successo, l’amore, la guerra e Gerda che diventa tristemente nota per essere la prima reporter della storia a cadere sul campo di battaglia. Durante un reportage a Brunete del 1937 il convoglio su cui viaggia viene colpito dalle mitragliatrici dell’aviazione tedesca.
L’auto su cui viaggia la donna viene investita da un carro armato e lei finisce sotto i cingoli del tank. Spezzata in due, e non letteralmente, morirà diverse ore dopo semplicemente “chiudendo gli occhi”, a soli 26 anni.
Robert Capa la piangerà per tutta la vita e non si sposerà mai.
Capa fonderà la Magnum Agency con Bresson continuando i suoi reportage ad alto rischio, inseguendo la morte e Gerta, fino al 1954 in Indocina quando salterà in aria su una mina.

Liberiamo.it

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Gerda Taro ph

Foto di Gerda Taro.
“Addestramento in spiaggia di una miliziana repubblicana”
Spagna, Barcellona, Agosto 1936

 

Nello stile di Gerda predominava l’individuo, i suoi scatti mettono a fuoco i protagonisti della guerra, le vittime, i combattenti.

Scatti sono molto semplici, quasi dilettanteschi, i luoghi e i protagonisti fotografati fanno parte della quotidianità, gli sguardi sono quasi sempre diretti verso l’obiettivo, sono semplici ritratti. 

 

 

 

Antikythera

L’archeologo Spyridon Stais trova a seguito di un naufragio il
“meccanismo di Antkythera”.

Il naufragio è avvenuto nel secondo quarto del I sec. a.c. ma il relitto, chiamato il “Il relitto di Anticitera” fu scoperto nel 1900 da un gruppo di pescatori di spugne.

In questo relitto furono trovati importanti reperti tra cui capolavori dell’arte greca.

Mappa dell'Isola di Antikythera

Mappa dell’Isola di Antikythera – Elaborazione di Giovanni Pastore

 

L’archeologo Spyridon Stais esaminando i reperti notò “che un blocco di pietra presentava un ingranaggio inglobato all’interno. Con un più approfondito esame si scoprì che quella che era sembrata inizialmente una pietra era in realtà un meccanismo fortemente incrostato e corroso, di cui erano sopravvissute tre parti principali e decine di frammenti minori”

 

Schema del meccanismo di funzione

Schema del meccanismo di funzione

La Macchina di Anticitera è il più antico calcolatore meccanico conosciuto, databile intorno al 150-100 a.C.

Frammento principale del meccanismo

Frammento principale del meccanismo

Si tratta di un sofisticato planetario, mosso da ruote dentate, che serviva per calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei cinque pianeti allora conosciuti, gli equinozi, i mesi, i giorni della settimana e – secondo un recente studio pubblicato su Nature – le date dei giochi olimpici.

Solo nel 1951 i dubbi sul misterioso meccanismo cominciarono ad essere svelati. Quell’anno infatti il professor Derek de Solla Price cominciò a studiare il congegno che risultò risultò essere un antichissimo calcolatore, le cui ruote dentate potevano riprodurre il rapporto di 254:19 necessario a ricostruire il moto della Luna in rapporto al Sole

Modello del Calcolatore di Antikythera realizzato da John Gleave

Modello del Calcolatore di Antikythera realizzato da John Gleave

Nella Grecia del II secolo a.c. esisteva effettivamente una tradizione di altissima tecnologia. Tuttavia l’unicità del meccanismo di Anticitera risiede nel fatto che è l’unico congegno progettato in quel periodo arrivato sino ai giorni nostri e non rimasto nel limbo delle semplici “curiosità”.

 

Per saperne di più

.l’enigmistica

dal web

dal web

 

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Ad inventare La Settimana Enigmistica fu un nobile di origine sarda, Giorgio Sisini conte di Sant’Andrea, figlio di uno dei fondatori del primo Rotary Club della Sardegna.

La mitica “Settimana Enigmistica”, il più noto settimanale italiano di parole crociate e giochi enigmistici, il cui primo numero fu stampato, in 16 pagine ed al costo di 50 centesimi

il 23 Gennaio 1932.

Il conte Sisini, laureatosi in ingegneria a Milano, in origine fu soprattutto un innovativo imprenditore ed esperto di agricoltura, che cercò di modernizzare soprattutto nella sua terra d’origine, la Sardegna, facendosi importatore e promotore dei più aggiornati mezzi della meccanica agraria (a Cagliari aprì ben tre negozi di macchine agricole).

Ma un’altra passione bruciava nel suo petto…Giorgio Sisini, infatti, era a sua volta un appassionatissimo cultore di giochi ed enigmi. Enigmi che ha continuato a ideare e proporre sulla “sua” Settimana Enigmistica per 40 anni, dal fatidico primo numero del 1932 fino a pochi giorni dalla sua morte, avvenuta nel Giugno del 1972.

Da allora la direzione del settimanale è stata assunta da Raoul de Giusti, ed in seguito da Francesco Baggi Sisini ). Fra i più famosi enigmisti che hanno fatto parte della sua redazione figurano i leggendari Piero Bartezzaghi e Giancarlo Brighenti.

Nel primo numero il gioco di copertina era dedicato all’attrice messicana Lupe Velez.

Da parte sua la °Settimana” non ha mai mancato all’appuntamento in edicola con i suoi lettori (il 22 Novembre 2008 ha superato il traguardo dei 4mila numeri pubblicati), tranne in un caso, per forza maggiore, in occasione del numero 694 che sarebbe dovuto “uscire” il 14 Luglio 1945 ed invece arrivò nelle edicole due mesi dopo, a causa dei rivolgimenti bellici.

qui il sito

Il Candore

Soboedda, la fanciulla sarda, prima donna italiana sulla copertina di “Time”

Il candore sardo sul Time

 

1927-Soboedda

1927 – Soboedda – Foto di Guido Costa

È da Desulo, infatti, che viene la prima donna italiana a cui la celeberrima rivista americana “Time”, nel 1927, dedica la sua copertina, che ancora oggi è contesa dai potenti di tutto il pianeta poichè indice di sicuro prestigio.

Lei è Soboedda, al secolo Sebastiana Nieddu.

Soboedda non è una femme fatale, non è una soubrette, un’attrice o una donna potente, è una fanciulla di diciannove anni che viene dal quartiere storico di Sant’Antoni. È l’incarnazione della semplicità, una sobrietà di vita a lungo corteggiata dalle luci sfavillanti dello star system.

Ma l’arabesco enigmatico di quel sorriso etereo, poi divenuto famoso in tutto il mondo, e la guerra incruenta verso una popolarità schivata e rifiutata, raccontano l’inconsapevolezza di entrare nel mito, divenire opera d’arte e carnale biglietto da visita per la sua terra.

Soboedda, figlia di modesti e laboriosi popolani, fa da subito vibrare le penne delle più illustri firme italiane e straniere.

 

Soboedda

Soboedda – Foto di Guido Costa

Un murale in suo onore all’uscita del suo paese natale la ricorda con queste parole: “L’indimenticabile Soboedda fu un tempo la donna più bella di Sardegna una bellezza straordinaria un volto puro d’angelo preraffaelita un corpo snello ed asciutto di Venere botticelliana.

Questo post è stato  preso dal Blog: La donna Sarda  

 

Pablo Volta, l’ occasione per indagare le pieghe più nascoste dell’umanità.

Per me che arrivavo da Parigi, la vostra isola fu uno choc. Così amava dire il fotografo Pablo Volta, italiano d’Argentina, sardo d’adozione

«Lo choc fu tale che decisi di non andarmene più».

Sardegna. Mamojada Venditori di libri

Sardegna. Mamojada Venditori di libri

 

Nasce il 3 gennaio 1926 a Buenos Aires da padre toscano, giornalista, e madre argentina, di origini italiane.
Esegue i primi scatti nella Berlino devastata dai bombardamenti. Rientrato in Italia si occupa di cronaca nera e di cinema, ed è tra i fondatori della Fotografi Associati, prima cooperativa di fotografi in Italia. Nel 1932 quando è ancora bambino la famiglia si trasferisce in Italia.

Nuoro Estate 1956

Nuoro Estate 1956

Nel 1949 a Berlino, segue un corso di Elementary Photography, organizzato dall’esercito di occupazione americano. Collabora diversi anni con il settimanale il Mondo. Nel 1952 costituisce insieme a Franco Pinna, Plinio De Martiis, Caio Maria Garrubba, e Nicola Sansone la cooperativa Fotografi Associati, che verrà sciolta nel 1954 a causa di difficoltà economiche[1].

Nel 1957 fotografa il Carnevale di Mamoiada.

Pablo Volta - Mamuntones

Pablo Volta – Mamuntones

Giunse in Sardegna nel dicembre del 1954 per eseguire una serie di fotografie a Orgosolo, in vista di una nuova edizione, illustrata, dell’lnchiesta su Orgosolo di Franco Cagnetta, già pubblicata con grande risonanza sulla rivista Nuovi Argomenti.
Quel mondo del tutto sconosciuto lo colpì profondamente, e Volta ritornò in Barbagia anche negli anni immediatamente successivi.

 

Pablo Volta - ragazza con costume di Desulo

Pablo Volta – ragazza con costume di Desulo

«Le donne barbaricine non compivano gesti inutili, erano essenziali. Come statue greche. Anche nei loro vestiti, alcune “vestivano alla moderna”, ma sempre una moda passata»

Nel 1966 partecipa come giornalista al programma Cinq Colonnes à la une della televisione francese con una serie di trasmissioni sulla Sardegna.

Nei primi anni settanta richiamato dall´interesse per la Sardegna scopre il fenomeno del muralismo.
Le sue fotografie figureranno in una grande mostra sull’arte muraria nel mondo, a Caen, in Normandia, nel 1981 e negli anni seguenti gira l´Italia.

Nel 1987, per amore della Sardegna sceglie di stabilirsi nel “paese museo” di San Sperate.

«È stato importantissimo il contributo dato da Pablo Volta alla cultura figurativa italiana. Il suo è stato uno sguardo semplice e militante, capace di cogliere le sfumature più sensibili nella vita quotidiana della gente sarda»

Laconi in festa - 1956

Laconi in festa – 1956

 

Dopo una vita dedicata alla sua passione per la fotografia, si è spento il 28 luglio 2011 all’età di 85 anni a causa di un male incurabile.

Le fotografie, a volte, ingannano.

 

Tommie_Smith

 

“Prendete questa immagine, per esempio. Racconta il gesto di ribellione di Tommie Smith e John Carlos il giorno della premiazione dei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico e mi ha ingannato un sacco di volte.

L’ho sempre guardata concentrandomi sui due uomini neri scalzi, con il capo chino e il pugno guantato di nero verso il cielo, mentre suona l’inno americano.
Un gesto simbolico fortissimo, per rivendicare la tutela dei diritti delle popolazioni afroamericane in un anno di tragedie come la morte di Martin Luther King e Bob Kennedy.
È la foto del gesto storico di due uomini di colore.
Per questo non ho mai osservato troppo quell’uomo, bianco come me, immobile sul secondo gradino.”

segue qui: Qui

Un articolo di Riccardo Gazzaniga

Filmato storico

Il cimitero allegro

Sapanta è diventata una meta turistica di grande importanza per via del suo “cimitero allegro”, da qualche anno entrato a far parte dell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

Questo Cimitero, è unico nel mondo. 

Foto dal web

Foto dal web

Il cimitero allegro, al primo impatto, lascia un po’ perplessi. Non siamo abituati a questo genere di cose e alla presenza di così tanto colore in luoghi di questo tipo ma non possiamo negare di trovarci all’interno di qualcosa di veramente unico. Centinaia di tombe con ognuna la sua croce di legno blu. E sulle croci vignette e brevi testi per raccontare la vita del defunto e ricordarne le cause della sua morte. Il tutto realizzato con una certa ironia e una buona dose di senso dell’umorismo che mai si penserebbe di ritrovare in un cimitero.

L’idea che il blu rappresenti la speranza e la libertà, spinse Ioan Stan Patras, un modesto scultore locale, a dipingere le croci di colore blu e la conoscenza diretta dei suoi compaesani lo convinse a lasciare ulteriori testimonianze sulla loro vita attraverso qualcosa di diverso da un semplice epitaffio.

 

Foto dal web

Foto dal web

 

Ecco perché oggi, gironzolando tra le tombe si può leggere la storia di quel tizio che amò così tanto la sua grappa la quale non ricambiando affatto lo fece finire in questo luogo. Oppure la storia di un altro signore che per una vita guidò il camion e guidando la concluse.

Con il suo lavoro, Patras ha voluto affrontare la morte con uno spirito diverso da quello a cui siamo abituati e così facendo ha regalato al mondo un luogo prezioso per la sua unicità.
un fondo azzurro brillante, chiamato in gergo “azzurro Sapanta”, significava speranza e libertà, il giallo rappresentava la fertilità, il verde la vita, il rosso la passione, ed il nero indicava una morte inattesa o prematura.

 

Fotografia: Franco Leo

Fotografia: Franco Leo

Le immagini mostrano tra l’altro come era la vita quotidiana dei suoi protagonisti. Così si può notare un uomo su di un trattore o una donna tessendo un tappeto. Risulta per di più curioso notare l’evoluzione dei mezzi di trasporti, così che agli inizi apparivano solo cavalli e carrozze, mentre che negli ultimi anni, come era logico, automobili, treni ed autobus. 

Oggi il cimitero è considerato un museo all’aria aperta. Convertitosi pertanto in una vera e propria attrazione turistica rappresenta una non poca importante fonte di guadagno per la povera gente del luogo.

Il Cimitero Allegro occupa il primo posto tra i monumenti funerari più visitati in Europa ed il numero due nel mondo, dopo la Valle dei Re in Egitto.

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