Pintadera

di tramedipensieri

La pintadera (pl. pintadere) è un reperto archeologico in ceramica o terracotta di forma circolare, caratterizzata da un disegno geometrico usato come stampo o timbro per decorare il corpo, il pane o i tessuti.

 

Fotografia di Giuliano Pisoni

Fotografia di Giuliano Pisoni

 

 

È tipica di diverse culture preistoriche, come gli aborigeni Guanci nelle isole Canarie, della civiltà nuragica in Sardegna, della cultura dei vasi a bocca quadrata nell’Italia Settentrionale e delle protopalafitte di Bad Buchau.

Il termine ”Pintadera”, parola di chiara derivazione spagnola (da pintado, dipinto), è il nome che viene dato a quegli strumenti che presso molte popolazioni servono per imprimere dei ‘marchi’, delle decorazioni, in particolare sui dolci, sul pane, sui tessuti. Di “PINTADERE” in Sardegna ne sono state rinvenute un buon numero in quasi tutto il suo territorio: alcune antichissime, riferite addirittura al primo periodo nuragico, altre, successive, fino al medioevo ma altrettanto interessanti.

 

Foto dal web

Foto dal web

 

Al giorno d’oggi la parola “Pintadera” ci porta immediatamente a quella più famosa, rinvenuta presso il Nuraghe “Santu Antine” di Torralba, in quanto è diventata un logo conosciuto a livello nazionale: quello adottato qualche decennio fa dal Banco di Sardegna di Sassari, per identificare la sua radice sarda.

Tuttavia anche l’altra ipotesi, quella più recente, che sostiene invece che nelle incisioni sulla superficie di alcune ‘pintadere’ si possa leggere la riproduzione di un calendario lunare e solare, appare convincente. Indubbiamente le due teorie hanno entrambe una buona validità. La cosa sicuramente importante è che i Sardi attribuivano alla “Pintadera” una funzione non marginale, considerata la cura con cui veniva realizzata fin dai tempi più antichi. Un uso ampiamente diffuso, quello di questo strumento, considerato il numero dei “pezzi” ritrovati, e la larga diffusione, testimoniata dai ritrovamenti localizzati in tutta l’Isola.

 

 

Fotografia di Anna Musu

Fotografia di Anna Musu

 

 

È opinione comune fra gli archeologi, data la ricercatezza e la rarità dei motivi decorativi, che questi preistorici timbri fossero legati alla sfera del sacro, se non addirittura impiegati in pratiche magico – profilattiche: tale valore sacrale si sarebbe palesato soprattutto attraverso un uso cerimoniale Una precisa funzione rituale di benedizione, dunque, officiata dal sacerdote, come sembra potersi dedurre anche dai numerosi bronzetti di offerente che parrebbero recare pagnotte decorate proprio con l’utilizzo delle pintadere.
Molti appassionati di archeologia, interpretano quei segni come parte integrante di un calendario nuragico in piena regola.

 

Cristiano Cani

Cristiano Cani

La pintadera più celebre, quella di Santu Antine , altro non sia se non un eccellente calendario nuragico solare e lunare, in cui il foro centrale rappresenterebbe la Luna, il rilievo che plasma la cavità centrale la Terra e l’infossatura circolare il Sole.

Un mondo dominato dalla natura, a sua volta controllata solo dal rito, da quell’ordine prescritto nei rapporti tra uomini e divino, che pur avendo mille facce, si serve di quel linguaggio universale, di cui però nel tempo si è persa, talvolta, la chiave di lettura. Ma se ancor oggi il pane per il matrimonio viene confezionato con una congerie di simboli senza tempo, se nei dolci tradizionali rivivono silenziosi segni di propiziazione e fertilità, mascherati da ripetitivi moduli decorativi, allora è indubbio che i riti fissano, ancorano nell’eternità, gesti carichi di significati simbolici condivisi. E tanto forti da superare le barriere più invalicabili che l’uomo abbia saputo creare, quelle culturali.

 

Foto dal web

Foto dal web

 

La nostra Pintadera-Calendario “Nuragico”, potrebbe essere stata davvero un “marcatore del tempo”, usato dalle popolazioni sarde parallelamente ad altre popolazioni anche lontane, in particolare i Celti, col cui calendario la nostra ‘pintadera’ ha incredibili somiglianze.

http://gianfrancopintore.blogspot.it/2011/02/quella-pintadera-scomposta-in-cinque.html