L’imprenditrice di gelso

di tramedipensieri

Era il 1716.

A  Muravera nasceva Francesca Sulis, nobildonna che non si arrese al destino scritto per le donne della sua epoca e del suo stato sociale.  A 19 anni si sposò con don Pietro Sanna Lecca e  Francesca Sanna Sulis non si limitò a godere passivamente di un patrimonio, ma, attenta e curiosa dei fatti del mondo, scoprì e sfruttò le agevolazioni dell’evoluzione legislativa.

Fu proprio una legge agraria che agevolava la coltivazione del gelso ad aver rivoluzionato la vita della nobildonna e di tutti i 750 sardi che lavorarono per lei, trasformandola in una delle più importanti figure del Settecento sardo.

Francesca coltivò a Quartucciu grandi piantagioni di gelso, la pianta necessaria per la coltivazione dei bachi da seta, e si trasformò in una manager ante litteram creando un’impresa tessile tra le più rinomate in Europa.

«Quando le sue dipendenti si sposavano e si trovavano costrette a seguire il marito in paesi lontani dall’ impresa tessile, lei trovò un modo geniale per non buttare via tutte le capacità acquisite e continuare a permettere loro di essere autonome economicamente – racconta Lucio Spiga, giornalista e autore, dopo 43 anni di ricerca, di Francesca Sanna Sulis, ed. Workdesign – Come regalo di matrimonio consegnava un telaio permettendole di continuare il lavoro e di insegnarlo a loro volta ad altre donne».

Dal web

Dal web

La seta prodotta dalla nobildonna si rivelò presto essere tra le migliori d’Europa.

Usare la sua seta per creare, oltre che destinarla alla vendita, le piaceva. Nuove strade si aprirono per la sua impresa. Francesca cominciò a creare abiti e le sue creazioni di seta vestirono regine e principesse.

 

Era il 1748

Il conte comasco Giorgio Giulini rimase folgorato dai suoi abiti e li portò alla prima sfilata di moda al mondo e il Circolo dei nobili a Milano, a due passi dal Castello Sforzesco, si animò con quello che allora apparve uno spettacolo insolito, con modelle che passeggiavano indossando gli abiti creati da Donna Francesca.

«Col Conte Giulini creò la prima boutique a Milano e dovette affittare sei navi per trasportare tutta la seta che le veniva ordinata», racconta Lucio Spiga che nel suo volume la sua monografia di Spiga ha aperto una finestra sulla vita finora sconosciuta di questa donna straordinaria a cui re Carlo Alberto di Savoia assegnò postumo il Riconoscimento Regio per l’alto valore dell’opera compiuta.

Era il  1808

La grandezza di questa donna, si rivelò appieno alla fine della sua vita quando, a 92 anni, nel 1808  scrisse il suo testamento. Il patrimonio che aveva a disposizione era immenso. L’eredità del marito rappresentava ormai una piccola parte e dalla sua famiglia non aveva ricevuto che 300 scudi. La sua ricchezza era frutto del suo lavoro e delle sue capacità.

La morte dei suoi due figli maschi e la vita monastica a cui si dedicò la figlia, la lasciava decidere liberamente come destinare i suoi averi. Pensò alle donne senza marito e destinò buona parte del suo patrimonio alla loro “liberazione” dalla schiavitù di dover dipendere dalla loro famiglia o di doversi sposare per passare da una dipendenza ad un’altra.

«Quello che fu creato da una donna grandiosa, andò disperso da una manciata di uomini», racconta Lucio Spiga.

A memoria di questa donna la cui storia era caduta nell’oblio per due secoli la Fidapa ha dedicato uno spazio nel Parco Letterario, includendo il suo nome tra quelli delle donne più importanti della storia d’Italia. Ricordare questa donna, che rappresenta un modello di vita, significa riscattare un pezzo della nostra identità e non lasciare che sfumi, nell’ indifferenza, una pagina luminosa della storia della nostra terra.  

 

(Tratto da: Lucio Spiga, Francesca Sanna Sulis, Ed. Workdesign, 2004.)