Siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi,
romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi
come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina,
del vento, dell’immensità del mare.
Siamo una terra antica di lunghi silenzi,
di orizzonti ampi e puri, di piante fosche,
di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.
Un piccolo paguro zampetta sulla sabbia,
Incurante della perfezione sgrana la battigia.
Avanza con metodica fermezza, fingendo quel coraggio
Che appartiene solo a chi indossa un’armatura.
Vile crostaceo, nulla gli importa se non della sua casa
Che – da piccolo egoista – riempie per intero.
Nessuna solitudine, nessuna nostalgia
Neppure un desiderio trova spazio in quel corno vagante.
Un’onda lo accarezza, e lui, indifferente, si lascia trasportare
Dondolando rannicchiato come un bimbo nella culla
Poi si riprende e piano piano ritorna a zampettare
Nulla ha da perdere, se non la vita
Aggrappata a una conchiglia incustodita
Regalata dal mare.
Siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi,
romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi
come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina,
del vento, dell’immensità del mare.
Siamo una terra antica di lunghi silenzi,
di orizzonti ampi e puri, di piante fosche,
di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.
– Grazia Deledda
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Un piccolo paguro zampetta sulla sabbia,
Incurante della perfezione sgrana la battigia.
Avanza con metodica fermezza, fingendo quel coraggio
Che appartiene solo a chi indossa un’armatura.
Vile crostaceo, nulla gli importa se non della sua casa
Che – da piccolo egoista – riempie per intero.
Nessuna solitudine, nessuna nostalgia
Neppure un desiderio trova spazio in quel corno vagante.
Un’onda lo accarezza, e lui, indifferente, si lascia trasportare
Dondolando rannicchiato come un bimbo nella culla
Poi si riprende e piano piano ritorna a zampettare
Nulla ha da perdere, se non la vita
Aggrappata a una conchiglia incustodita
Regalata dal mare.
Grazia Bruschi
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