La casa è così triste. Resta come fu lasciata,
Adattata ai bisogni di chi per ultimo partì,
Come volesse richiamarlo. Invece, senza
Qualcuno a cui piacere, appassisce
E non ha cuore di scordarsi il furto,
Di tornare come al suo principio,
Tiro gioioso alla vita che vorremmo,
Caduto fuori centro. Guarda com’era:
Osserva le foto e le posate;
La musica nel panchetto del piano. Quel vaso.
Gli ultimi giorni nella casa che dovrò lasciare.
Sotto un cielo di nuvole basse
Come non ho visto mai da queste parti,
Pare crollare in un istante
Ma non crolla e quasi mi delude.
Giro gli occhi altrove
Ed ecco scoppiare i vetri al tuono
Che fa virare la stagione,
Forse un segnale giunto troppo tardi.
Quanto è stato inutile aspettarla,
Questa pioggia. Avrei voluto prima
Che il cielo si squarciasse, s’abbattesse
Il libeccio, quando la tempesta
Giunge come una liberazione.
Questo cielo non mi ha accontentato mai.
Di questo freddo, ora, non m’importa.
Nessuna donna è te
nessuna storia mortale
nemmeno il cielo infinito
e niente è mai stato così
chiaro.
Dale Zaccaria
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La casa è così triste. Resta come fu lasciata,
Adattata ai bisogni di chi per ultimo partì,
Come volesse richiamarlo. Invece, senza
Qualcuno a cui piacere, appassisce
E non ha cuore di scordarsi il furto,
Di tornare come al suo principio,
Tiro gioioso alla vita che vorremmo,
Caduto fuori centro. Guarda com’era:
Osserva le foto e le posate;
La musica nel panchetto del piano. Quel vaso.
Roberto Deidier
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Sono come chi si è seduto solo
Tutto il giorno nella landa,
La testa piegata, le braccia ciondoloni
In una pioggia a dirotto –
La testa piegata, le braccia senza nerbo
Sulla brughiera piatta e grigia,
Finché le nuvole si sono presto aperte
Verso la fine del giorno;
E una luce di porpora
S’è alzata sull’ovest scarlatto,
E gli uccelli hanno cantato sulla ginestra bagnata,
E il cuore m’ha cantato in petto.
Roberto Deidier
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Gli ultimi giorni nella casa che dovrò lasciare.
Sotto un cielo di nuvole basse
Come non ho visto mai da queste parti,
Pare crollare in un istante
Ma non crolla e quasi mi delude.
Giro gli occhi altrove
Ed ecco scoppiare i vetri al tuono
Che fa virare la stagione,
Forse un segnale giunto troppo tardi.
Quanto è stato inutile aspettarla,
Questa pioggia. Avrei voluto prima
Che il cielo si squarciasse, s’abbattesse
Il libeccio, quando la tempesta
Giunge come una liberazione.
Questo cielo non mi ha accontentato mai.
Di questo freddo, ora, non m’importa.
Roberto Deidier
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