Il correttore
di tramedipensieri
E cosa lasciò Cristo …..? Un tesoro d’impazienza. Bramavano la fine dei tempi come cani che muoiono di sete. […] La storia non aveva chiuso bottega.
E ci siamo ritrovati nell’implacabile routine di sempre.
A quel punto la Chiesa ordinò la pazienza, pazienza e ancora pazienza, e distribuì i calmanti. […] Non c’è niente che Roma abbia temuto più dell’impazienza. Il suo regno non è di questo mondo. C’è mai stato un manifesto politico più abile? Rispondi, Professore.
G. Steiner cap. VIII, pp. 46 sg.)
Il grande Steiner… da leggere!
Buona serata
gb
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Un grande davvero!
ciao
.marta
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Grazie molto gentile.
ciao
.marta
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Grazie a te per il passaggio…
buona serata
.marta
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Il problema è che con questo timore dell’impazienza spesso si mette a tacere Dio stesso, che io credo non essere proprio un signore bene educato che non vuole arrecare disturbo, ma anzi qualcuno che viene proprio a sovvertire con irruenza.
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Magari sovvertire no..ma svegliare le coscienze non sarebbe male…
buona serata
.marta
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Mi piace pensare al Nazareno come ad uno che di “peccasse” di impazienza, come ad uno lontano dal bieco buonismo, come ad uno che non si possa ravvisare con un’aureola gemmata dietro la testa, ma con il sangue che cola, umanissimo, come colerebbe su qualunque altro uomo inchiodato ad una croce.
Mi piace pensare che il Nazareno ci abbia lasciato qualcosa di buono che non dimentichiamo mai, in ogni istante della nostra vita.
Avevo circa quindici anni, quando lessi una stupenda poesia della quale non rammento l’autore (mi pare fosse un poeta ungherese della seconda metà dell’ottocento)…
Recitava più o meno in questo modo:
“Ai generali spetta la croce d’oro,
ai contadini spetta la croce del sudore… (…)
A voi, redentori, spettano le croci di legno. (…)”.
Io credo che di “redentori”, di cristi ve ne siano tanti, a questo mondo.
Nessuno fra questi è mai morto con un sorriso.
Io non sono paziente, Cuore bello. E non sono nemmeno un cristo (con la “c”). E’ probabile che io sia un povero diavolo.
Faccio quel che posso. A volte faccio anche quel che non posso e spero di non andare troppo distante alla Strada del Buon Vivere.
Un bacio a te, a tutti voi.
E.
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“Mi piace pensare che il Nazareno ci abbia lasciato qualcosa di buono”..
Beh io penso che ci abbia dato diverse indicazioni una più importante dell’altra.
Che ci abbia indicato l’impazienza e la pazienza. Entrambe necessaria a seconda dei casi.
Non mi piace sicuramente come gli uomini da lui delegati…svolgano il suo umile e Grande messaggio.
un abbraccio
anche a te
.marta
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Quel che sto per inviarti è un po’ lungo, ma vale la pena di leggerlo.
E’ del carissimo amico e Padre spirituale Ortensio Urbanelli, più noto come Ortensio da Spinetoli (sì, è un mio compaesano!).
Per me, Padre Ortensio è un uomo grande!
A te, Cuore bello:
“IL CRISTO CHE ASPETTIAMO
di Ortensio da Spinetoli
È quello dei vangeli, certamente, ma non dei frontespizi o delle prime pagine, bensì dei ripieghi delle medesime, al punto che, se non si sta attenti, si rischia di non scorgerlo.
1. Il vero volto di Gesù, i suoi tratti autentici non sono stati cancellati, né dimenticati, solo che agli evangelisti sono apparsi troppo comuni per sentirsi obbligati a ricordarli, mentre hanno sentito il dovere di riscoprire e mettere in chiaro i titoli onorifici, presenti nella tradizione profetica e applicati con una certa ingegnosità o ingenuità esegetica al Cristo, se non altro per attenuare lo smacco della croce che copriva di ignominia l’inviato di Dio (Dt 21,239). Una tendenza panegiristica che prenderà sempre più spazio nel corso dei secoli. L’11 dicembre infatti la Chiesa celebra la festa del Cristo-re, una titolatura non solo fuori posto, ma all’opposto di quanto Gesù ha pensato e cercato di essere; un appellativo che non rientrava nelle sue aspirazioni (Gv 6,15) e meno ancora nelle sue programmazioni (Mc 10,41-45).
2. Le istantanee più genuine sulla figura di Gesù sono rimaste nel vangelo di Marco. Qui egli appare con tutta la sua umanità: si commuove (1,41), si adira (3,5), si “entusiasma” fino ad apparire quasi «fuori di sé» (3,21), si indigna (10,14), si effonde sui piccoli, li stringe a sé e dà sicuramente loro qualche bacio (9,36; 10,11), come guarda con simpatia («lo amò») il giovane che gli si è inginocchiato davanti e gli chiede cosa fare per ottenere la vita eterna (10,21). Gesti spontanei, comuni, ma che per Matteo e Luca non si debbono riferire; si vede che le tendenze o tentazioni idealizzatrici erano già in corso.
3. L’apostolo Paolo, che pure si è provato a interrogarsi sulla morte di croce di Gesù, avvicinandola liberamente a quella del capro espiatorio, a proposito delle sue origini non ha saputo altro che era «un nato di donna, un suddito» della legge (Gv 4,4). Un uomo in tutto e per tutto. Una notizia che Gesù sembra confermare quando si dichiara «figlio dell’uomo», una circonlocuzione semitica che equivale a rampollo (quindi “figlio”) della stirpe umana, con tutte le qualifiche e potenzialità, perfezioni, virtù che tale appartenenza comporta, ma anche con i limiti, le carenze, le debolezze, i difetti ad essa connessi. È vero che al tempo delle persecuzioni seleucidiche il profeta Daniele intravvede nella designazione un personaggio che sale fino all’antico dei giorni per ricevere potestà e gloria a pro dei «santi dell’Altissimo» (7,13,27), ma è un’investitura a cui Gesù non ha fatto mai riferimento.
4. La strada di Gesù parte, come quella di tutti i mortali, dal nulla. Certo con tutti gli auspici che accompagnano ogni esistenza, ma non certo con quelle privilegiature sfolgoranti che certi pseudo-narratori (Mt 1-2; Lc 1-2) hanno immaginato o che scrittori più fantasiosi (vangeli apocrifi) hanno supposto. È certo nato “santo” e “innocente”, ma al pari di tutti i suoi simili e come loro si è trovato a crescere, oltre che in età, in virtù e grazia (cfr. Lc 2,52). La virtù è anche un dono, ma nello stesso tempo un impegno coraggioso contro le inclinazioni meno ordinate o addirittura disordinate (orgoglio, vanità, presunzione, neghittosità, pigrizia) che albergano in ogni essere e cercano di sopraffare le tendenze opposte (altruismo, benevolenza, amore). Un confronto o lotta che non si chiude mai, perché la misura o la meta da raggiungere (la perfezione del padre) non ammette stasi.
5. I nazaretani non hanno visto il Verbo Incarnato prendere dimora tra loro (Gv 1,14), ma «il figlio del carpentiere», «il fratello di Giacomo, di Giosuè, di Giuda, di Simone» e di un imprecisato numero di “sorelle”. Uno di loro e uno come loro. In altre parole, un operaio come tanti altri nel villaggio (Mc 6,1-3). E quando in antecedenza questi si era sentito spinto («ispirato») a lasciare la bottega paterna per dedicarsi ad altro (Lc 4,18), si era portato nel sud del Paese dove si sapeva era facile incontrare «asceti» (Giovanni e i suoi discepoli) e «contemplativi» (comunità essene) esperti nelle vie del Signore; ma si vede che i loro discorsi (forse terrificanti) o lo stile di vita troppo appartato non corrispondevano a quello che sentiva nel suo cuore e, invece di rimanere con loro, decide di tornare in Galilea e mettersi a «percorrere» l’intera regione, «insegnando nelle sinagoghe», «predicando» e «guarendo» chi era affetto da infermità (Mt 4,23) e, invece di fermarsi nella borgata in cui era nato o cercarsi un rifugio segreto, va a stabilirsi in un centro di traffico internazionale, a Cafarnao. Se dovrà essere un porta parola dei segreti e dei propositi di Dio, lo sarà alla maniera degli antichi profeti (Elia o Eliseo), andando incontro ai bisogni della gente, non aspettandola in un recinto privilegiato. È quanto suggerirà al giovane aspirante: invece di andarsi a chiudere nelle grotte del deserto di Giuda o isolarsi negli anfratti del Giordano, era meglio mettere i propri averi e la propria persona a disposizione dei bisognosi (Mt 19,21).
6. Il profeta Gesù di Nazareth è straordinario. Se parla di Dio non ripete quello che tutti dicono, che è il Signore, l’onnipotente, il supremo giudice. Tutto al contrario: che è, alla pari di un padre ideale, benevolo, comprensivo, oltre modo misericordioso, pronto a condonare qualsiasi addebito (Mt 18,27), a dimenticare qualsiasi sgarberia (Lc 15,12-24); ma ancor più singolare è che, quasi prima di Dio, perché questi non ha bisogno di nulla e non chiede per sé né tributi di lodi né offerte, rivolge tutte le sue attenzioni agli uomini, certo senza escludere nessuno, nemmeno i prìncipi e i signori del santuario, anche se le sue preferenze vanno ai poveri, ai prigionieri, agli emarginati, agli infelici nel corpo e nello spirito, i peccatori.
7. Il “sogno” di Gesù è quello del predicatore del deserto: che i “colli” siano abbassati e le valli ricolme, cioè che le escrescenze abusive, al pari del misconoscimento dei diritti degli ultimi, presenti nell’alveo comunitario si facciano scomparire e si attui una convivenza tra gli uomini, sulla terra, pari a quella che vige nel mondo («regno») di Dio, dove dominano sovrane l’equità e la pace. Una utopia, certo, ma non perché un tale ideale non può realizzarsi, non trova cioè spazio (topos), ma perché non si fanno avanti i volenterosi, gli uomini e le donne di buona volontà pronti a realizzarlo, anche se questi, Gesù lo garantisce con tutta la sua fermezza (parresia) profetica, “presto” compariranno.
8. La tradizione natalizia, forse istradata dal «prologo giovanneo» che parla del logos venuto ad abitare in mezzo a noi (1,14), ha indotto a pensare o a immaginare che un essere divino si sia «fatto uomo», ma il logos è una parola, non indica una persona; è un’ipotesi, non una ipostasi, ossia una personalità divina, come certi autori dei primi secoli hanno inteso.
Nel vangelo di Matteo, Gesù si autodefinisce semplicemente persona «mite (pays) e umile (tapeinos)» (11,29), cioè piccola e povera, ma nonostante questi suoi limiti egli è riuscito a comportarsi verso i suoi simili con lo stesso grado di bontà, benevolenza, amore che Dio usa con gli esseri umani, buoni o cattivi che siano (Mt 5,48). Può anche essere consolante celebrare la “discesa” di un dio dalle stelle del cielo in una grotta della terra al freddo e al gelo, tra gli uomini, in mezzo ai quali si è da sempre trovato, poiché senza questa sua presenza creativa e caritativa nulla è mai esistito e può mai esistere, mentre in Gesù, nella sua testimonianza, gli uomini hanno appreso un ideale di vita inedito, superiore, divino, che tutti possono far proprio. Non si tratta di diventare «simili a Dio», come fraudolentemente suggeriva il serpente ai progenitori (Gn 3,5), ma di riuscire ad operare come lui, facendo del bene a tutti, anche a chi non lo merita ma ne ha ugualmente bisogno.
Il mistero del Natale non consiste tanto nell’abbassamento di un Dio, quanto nella possibile promozione, elevazione dell’essere umano, di ogni essere umano di buona volontà, fino al rango di Dio. La comunità degli uomini può ritrovarsi famiglia dei figli di Dio (Lc 6,35) e non nominalmente, ma «realmente» (1Gv 3,1).
Il Cristo che deve ancora venire e che i più attendono è alla fine l’“uomo nuovo” che ha preso coscienza della sua ultima “dignità” e cerca di comportarsi conformemente ad essa. Non conta stare ad ammirare estasiati un infante divino che è venuto ad abitare in mezzo a noi (e poi se n’è tornato nel suo mondo lasciando gli esseri umani al freddo e al gelo), ma riuscire a capire fino in fondo e a realizzare nella vita di ogni giorno la grande consegna lasciata da Gesù Cristo ai suoi seguaci, la possibilità di amare gli altri come li ha amati lui. Allora il divino ha preso dimora sulla terra.”
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Cara Eli sei molto cara.
Lo leggerò col tempo…grazie!
ciao
.marta
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Un bacio a te, Cuore bello.
Permettimi, visto che parliamo di cose buone (e giustissime)… di inviarti una petizione da sottoscrivere.
Anche loro sono creature di Dio 🙂
http://www.thepetitionsite.com/995/416/150/save-young-zimbabwe-elephants-from-kidnapping-for-chinese-zoos/
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ehmm.. non amo le petizioni, mi spiace.
Porta pazienza…
un caro saluto
.marta
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eh sai, in fondo hanno imparato da loro tutti i politici 😉
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…e anche chi, politico non è. Purtroppo
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Eh si. Effettivamente si
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Che forza! Non lo conoscevo nemmeno io… grazie. 🙂
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Grazie a te del passaggio…
buona giornata
.marta
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La pazienza del Signore non ha limiti….anche se noi ne stiamo approfittando un pò troppo! Baci cara e ti aspetto!
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buongiorno Luna!
Cristo ha lasciato l’impazienza e la Chiesa ha insegnato la pazienza, tanta pazienza. Talmente tanta che è diventata un sonnifero…
arrivo sul tuo blog.
buona giornata
.marta
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Ciao Marta, non conoscevo Steiner e sono andata a documentarmi. Mi sembra che Il Correttore valga la pena di essere letto (una buona recenzione è qui: http://lafrusta.homestead.com/rec_steiner.html). Grazie, di uno spunto interessante come questo e buona giornata!
f
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Grazie per il link…!
grazie a te per il passaggio…
buona giornata
.marta
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E ancora pazientiamo… 🙄
Mi sa che è ora di smetterla di aspettare…
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…già.
Non si dice che la pazienza ha un limite?
buona gioranta
.marta
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sì la pazienza ha un limite…
buona giornata a te!
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…non s’intravede ancora…
🙂
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speriamo nel pomeriggio allora! 😉
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Aspettiamo con tutta la……….pazienza! 😉
ciao
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